Lui & Lei
Marta
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26.06.2024 |
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"“Se vi offrite in spirito di amicizia e di cordiale cavalleria, a me può fare solo piacere camminare un poco più sicura..."
Delle mie origini, non so quasi niente, nemmeno il paese di provenienza, forse uno di quelli affacciati sul Mediterraneo, dove non sono tutti neri, ma di quel caffelatte più o meno chiaro che li rende quasi passabilmente europei.Il nome decisamente italiano, Marco, me l’hanno dato i genitori adottivi; mia madre Marta mi ha ‘prelevato’ appena sbarcato e, attraverso mille percorsi dolorosissimi nella burocrazia italiana, è riuscita a farsi attribuire in adozione quel bambino non ancora in grado di parlare, e mi ha allevato come suo.
Di tutta la tragedia vissuta, mi resta solo qualche incubo che, di tanto in tanto, mi sveglia nella notte con la sensazione di un’onda gigantesca che mi sommerge e la mano di una ‘mamma’ che mi afferra; forse è la memoria di quel naufragio in cui la mia madre naturale venne sommersa, ma ebbe la forza di passarmi a un soccorritore prima di sparire nei gorghi.
Per il resto, la mia memoria è stata totalmente resettata e sono italiano a tutti gli effetti, anche se, come sempre, gli imbecilli, che non mancano mai, non perdono occasione per offendermi per il colore della mia pelle.
Al pub dove andiamo a riempirci di birra hanno da poco assunto una nuova banconista che naturalmente ha calamitato le attenzioni di tutti i ragazzi.
Nella corsa a ‘farsi belli’ parto largamente svantaggiato, in parte per la mia evidente ‘diversità’, per il timore inconscio che genera la pelle olivastra, il capello nero folto e riccio, gli occhi grandi e scuri, lo sguardo profondo e acquoso, quasi da bestiolina da accarezzare e coccolare; in parte per una prevenzione implicita e quasi innata che tutti coltivano dentro per qualcosa che sfugge alla loro ‘normalità’.
Insomma, mi tengo ben in disparte mentre gli altri si accalcano al bancone per scambiare con quella nuova almeno una battuta; registro che si chiama Piera, che va all’università e studia filosofia, che lavora per mantenersi agli studi; in pratica, rispetto a noi che andiamo all’Università mantenuti da una famiglia solida, e non abbiamo bisogno di massacrarci in un lavoro ingrato per raggranellare qualche soldo e contribuire alle spese scolastiche, lei sembra quasi una ‘diversa’ come me.
Quando l’entusiasmo per la novità sembra scemato e Piera si è difesa egregiamente dall’assalto frontale, a cui ha risposto con un aplomb addirittura invidiabile, mi faccio avanti e le chiedo la mia solita birra; quasi avesse passato quel tempo solo a studiarmi, mi fa con un sorriso.
“Hai speso un patrimonio in lampade o sei così di natura?”
“Ciao, mi chiamo Marco e sono stato adottato; forse sono magrebino, ma non ne sono certo; tu invece cali dalla Scandinavia?”
Il riferimento è evidentemente alla carnagione chiara, agli occhi di un azzurro tendente a un blu da sembrare acqua di mare in un punto molto profondo e alla cascata di capelli biondi che tiene accuratamente legati in cima alla nuca.
“Non lo dire a nessuno, esco direttamente da una saga vichinga e sono approdata qui per un errore di rotta.”
Mi piace il suo modo di sorridere e di fare dell’ironia; ma mi piace soprattutto osservare tutte le movenze del suo volto, mobilissimo, a seconda di quello che fa, se sorride, se sta facendo uno sforzo e arriva a stringere la lingua fra i denti per aiutarsi, se si distende in un sereno atteggiamento; ma soprattutto mi perdo nei suoi occhi che m’incantano con la loro dolcezza.
Senza che quasi me ne rendo conto, passo più di due ore impalato lì al bancone, riesco a farmi dire che ha un posto letto in un quartiere vicino e che va e viene a piedi; mi meraviglio perché so che non è un percorso affidabile specialmente per chi, come lei, rientra a notte inoltrata; mi fa osservare che nel computo dei rischi c’è anche quello; le chiedo se vuole che aspetti la chiusura per accompagnarla; mi sorride ironica e mi chiede cosa mi aspetto in cambio.
“Solo la tua amicizia e una chiacchierata lungo strada; non so che idea ti sei fatta, ma io sono un bravo ragazzo e non ho nessuna cattiva intenzione!”
Mi sorride dolcemente, mi accarezza la mano che tengo sul bancone e mi dice che, se davvero ho la pazienza di aspettare fino alla chiusura, non le dispiace affatto avere compagnia sulla via del ritorno; devo fare uno sforzo per non liberare l’urlo di soddisfazione.
Quando i miei amici si preparano a rientrare, perché è ormai tardi, faccio presente che ho promesso a Piera di accompagnarla a casa, dopo la chiusura; Paolo, il più caro dei miei amici, mi chiede se veramente voglio solo accompagnarla o se ho altri programmi per la testa; lo rassicuro che mi fa solo piacere stare con Piera un poco in più e farle compagnia.
“Vi crea problema se mi fermo con voi?”
La domanda è a tutti e due, ma è Piera a rispondergli.
“Se vi offrite in spirito di amicizia e di cordiale cavalleria, a me può fare solo piacere camminare un poco più sicura.”
A quel punto anche altri due decidono di essere della partita e Piera si trova in certo senso ‘adottata’ dal gruppo di amici; nasce così una sorta di appuntamento nuovo, per cui il pomeriggio, anziché girarci i pollici in piazza, vado da solo o andiamo insieme ad aspettare Piera sotto casa per accompagnarla al pub e la sera, dopo la chiusura, allo stesso modo qualche volta io da solo e altre volte in compagnia degli altri andiamo in chiassosa processione a riaccompagnarla a casa.
Io però mi sto innamorando di Piera e comincio a sentirne la presenza incombente in tutte le cose che faccio; dallo studio al gioco, dalle attività fisiche ai momenti di rilassamento e di riflessione.
Glielo dico così, semplicemente, mentre stiamo intrattenendoci al bancone, tra un boccale di birra e l’altro da servire; lasciandomi di stucco, mi confessa che le succede la stessa cosa e che sta cercando in tutti i modi di non precipitare in una situazione che l’ha fatta già stare male e che vorrebbe evitare ad ogni costo.
“Marco, se restiamo amici, tutto può continuare sul binario attuale, senza problemi; se decidiamo di lasciarci andare all’amore, rischiamo di mettere in gioco tutta la nostra vita; non credo che sia molto opportuno. Io ho già sofferto una delusione enorme; ho avuto un grande amore per due anni; a lui ho dato tutto quello che era possibile dare, con lui sono stata felice ed ero convinta che niente sarebbe cambiato più nella mia vita.
Poi lui, all’improvviso, ha fatto un’altra scelta ed è andato a lavorare all’estero; credo che mi abbia dimenticata del tutto; comunque, non l’ho più sentito. Non ce la farei a reggere se mi dovessi trovare nella stessa situazione. Quindi, restiamo amici, non concediamo nessuno spazio all’amore e sono certa che staremo meglio tutti e due.”
“Con quale metro vuoi che valuti la possibilità di essere felice con te? Con la bilancia del salumiere, considerando i pro e i contro, o con le tabelle del ragioniere, per decidere se conviene rischiare o stare sul sicuro? Con i criteri logici del cervello per definire cosa è più giusto fare?
Io riesco a valutare solo col cuore; so che sei entrata nella mia vita e che la occupi tutta, so che con te sto bene e che vorrei starci sempre. Se non provi le stesse cose, posso anche tirarmi indietro e non opprimerti con la mia presenza; ma se sei concorde con me, allora non tirarmi fuori le valutazioni della convenienza. Ti amo e questo mi basta.”
Non ha molto ancora da obiettare; decide quindi di affidarsi e prendo l’abitudine di essere io soltanto ad attenderla quando il pomeriggio esce per andare al lavoro o la sera, quando smette e torna a casa; il nostro rapporto per molto tempo non va al di là di un’amicizia calda e affettuosa, ma senza nessuna manifestazione oltre il tenersi per mano lungo il percorso.
Io non ho il coraggio di portare l’asticella più in alto, in parte perché sono assolutamente digiuno di quello che si fa quando si esce con una ragazza di cui si è innamorati e da cui si può anche attendere di essere ricambiati; in parte anche mi ha bloccato il discorso che mi ha fatto lei e l’idea che il mio amore possa non essere come lei si aspetta mi blocca qualunque iniziativa.
So di amarla, e arriverei anche a giurare che sarà per sempre; ma lei ha sofferto troppo per il precedente rapporto e non vuole riprovarci.
Per fortuna, Piera è assai più matura, anche se ha un paio d’anni meno di me, ed è più determinata; e viene il momento in cui, sotto il portone di casa sua, mi blocca contro uno degli stipiti e mi bacia; m’induce ad aprire la bocca e me la perlustra con la lingua che sento passare su tutta la superficie scatenandomi scintille di piacere che mi attraversano tutto il corpo; contemporaneamente, mi stringe a sé e i capezzoli che si fanno all’improvviso durissimi sembrano volermi forare il torace.
Reagisco con un’erezione di cui neanche mi sarei immaginato capace e la stringo a me, ventre contro ventre, strusciandole il sesso sul corpo, da sopra i vestiti, fino a esplodere in un orgasmo incontrollato dentro lo slip; lei sembra se ne sia accorta e mi stacca leggermente da sé, mi prende la testa tra le mani e mi bacia ripetutamente sul volto, con profonda tenerezza.
“Che ti è successo? Sei venuto?”
“Sì, mi vergogno terribilmente, ma non ho resistito; ti amo troppo e mi sono sentito esplodere all’improvviso; è stato come se il cielo si aprisse e vedessi lo splendore infinito dell’universo. Ti amo, Piera.”
“Perché dovresti vergognarti? E’ successo anche a me, non credere; forse ho visto addirittura lo stesso arcobaleno di bellezza che hai visto tu; mi spiace che a te le conseguenze siano più evidenti … “
“No, non preoccuparti, abito qui vicino e a casa mi cambio.”
“Non vorrei essere nei tuoi panni quando tua madre se ne accorgerà … “
“Non c’è problema; quando conoscerai mia madre, capirai che è una grande amica … “
“Pensi davvero di farmi conoscere tua madre?”
“Non ti va?!?!”
“Certo; ma non è troppo impegnativo per due che si sono appena dati un bacio?”
“Io so che ti amo; e so che mia madre ti amerà come me.”
“Okay. Vai a casa, adesso. Ci vediamo domani.”
Da quella sera la nostra amicizia si fa più intima e cominciamo ad avere un rapporto amoroso più vicino alla completezza, ma non è possibile concederci spazi maggiori di sessualità, anche se il desiderio si fa sempre più acuto e intenso; le provo tutte, guidato anche dai consigli degli amici che suggeriscono di farmi prestare l’auto da mio padre, di cercare un buco a casa di qualche persona fidata e disponibile, di provare da lei quando non ci sia la compagna di stanza.
La soluzione viene da dove non mi sarei mai atteso che arrivasse; sono in cucina con mia madre ancora in vestaglia, perché è sabato e non lavora, che appronta l’occorrente per la colazione a me e a mio padre.
“Marco, lascia che tuo padre faccia colazione e vada in ufficio; poi voglio parlare un poco con te.”
Non sono preoccupato perché non ho nessun motivo per esserlo; al massimo mia madre vuole forse essere ragguagliata sui miei studi che fino a quel momento non hanno dato motivo di preoccupazione; sto frequentando l’ultimo anno di lettere e prevedo di laurearmi nel giro di poco.
Qualche amicizia di mio padre mi consentirà di essere assunto in un istituto privato, con tutti i crismi della legalità e con uno stipendio non spregevole; non penso affatto, quindi, che quello possa essere il tema del colloquio; mia madre non gira intorno all’argomento.
“Marco, mi è fin troppo chiaro che hai una ragazza e che ci fai sesso, o almeno quello che puoi farci di sesso, viste le conseguenze nel tuo intimo. Non voglio in nessun modo controllare la tua vita, ma non mi dispiacerebbe conoscere chi è la ragazza che ti ha incantato.
Inoltre, poiché non vorrei che correste qualche rischio per incontrarvi in libertà, ti dico apertamente e senza problemi che se, per essere liberi di fare l’amore, avete bisogno di ritirarti nella tua camera, né io né tuo padre abbiamo niente in contrario; anzi, preferiamo sapervi al sicuro e protetti piuttosto che in ambienti provvisori e, forse, pericolosi.”
L’abbraccio con calore e la bacio teneramente; benché conosca la sua immensa bontà, non mi aspettavo che potesse arrivare a tanto.
“Mamma, come sempre sei meravigliosa; io non avrei mai osato chiedertelo, ma vedo che sai prevenire le cose, non solo risolverle; parlerò con Piera e, se è d’accordo, te la faccio conoscere e possiamo studiare qualche volta insieme.”
Piera ha qualche perplessità; ma basta poco per convincersi a venire almeno a prendere un caffè; ci accordiamo per un sabato mattina che mamma non lavora e noi saltiamo delle lezioni non importanti; la simpatia che si scambiano sin dal primo sguardo è di quelle cose che ti lasciano senza parole; mia madre le chiede di darle del tu e di chiamarla col suo nome, Marta; e Piera le esprime immediatamente il suo piacere di trovare un’amica, lei che di amiche ne ha ben poche.
Insomma, fraternizzano in un nanosecondo e poi diventa quasi difficile staccarle mentre parlano di tutto con la massima disinvoltura e in grande amicizia; inutile persino dire che Piera si ferma a pranzo da noi e che da casa la accompagno al lavoro.
Comincia da lì una nuova fase del nostro rapporto che si trasforma in convivenza, visto che con Piera passo la maggior parte delle mattinate all’Università, che lei quasi sempre viene a casa mia per studiare, organizzare appunti e, quasi sempre, fare l’amore ogni volta con un entusiasmo maggiore, specialmente il lunedì quando non lavora al pub e passiamo a letto quasi l’intera giornata.
Nei pochi mesi che mi separano dalla discussione della tesi, mi sembra di laurearmi in amore e sesso coniugale prima di conseguire la laurea in lettere per cui ho studiato.
Io sono totalmente vergine, rispetto al sesso; mentre Piera ha già fatto le sue esperienze ed ha avuto un periodo intenso di quasi convivenza per due anni.
E’ lei quindi che mi deve guidare lungo i sentieri dell’amore e del sesso; lo fa con molto garbo e con molta attenzione alla mia sensibilità, accostandomi di volta in volta anche ai rapporti più particolari, preoccupandosi soprattutto di insegnarmi che ‘fare l’amore’ è ben altra cosa dal ‘fare sesso’ e che nell’idea stessa del fare l’amore è implicita la bellezza del darsi completamente, anima e corpo, forse più anima che corpo.
Dal primo impatto che ha con il mio sesso, la vedo meravigliarsi di una dimensione che non si aspettava e, scherzosamente, si finge terrorizzata che io voglia sventrarla con la mia bestia; reggendo il suo gioco, le rispondo che al massimo le impedirò di sedersi per una settimana; ma quando arrivo a penetrarla, mi sembra di sciogliermi come un ghiacciolo ed ho la sensazione che il mio corpo si annulli nel suo.
In risposta lei mi sussurra gemendo il suo amore e dichiara tutta la sua gioia di sentirsi posseduta così profondamente; siamo sul mio lettino ed io ho milioni di paure per le conseguenze del nostro gesto ‘azzardato’; mi chiede solo di sfilarmi prima di venirle dentro; riesco a farlo senza molto sforzo e, per un po’ di tempo, mi risulterà abituale, prima che lei arrivi, con l’aiuto di mamma Marta, a farsi prescrivere la pillola.
Mi laureo dopo pochi mesi, nei tempi previsti, firmo il contratto con l’istituto privato, dove mi ha segnalato mio padre e comincio a parlare con una grande convinzione di cercarmi un alloggio per andarci a vivere con Piera, eventualmente chiedendole di licenziarsi dal pub anche per affrettare i tempi della sua laurea.
Scateno così la guerra delle ‘mie’ donne per motivi contrapposti; per mia madre, è folle l’idea di prendere un altro alloggio; se stiamo attenti a non avere figli per qualche anno, possiamo anche adattarci a restare nella mia camera.
I miei non fanno obiezioni e, per come si sono attestate le cose, Piera è solo un’adorabile figlia acquisita; lei, invece, è naturalmente in totale disaccordo sull’idea di licenziarsi dal pub; il solo pensiero di vivere da ‘mantenuta’ a casa dei miei e sul mio reddito le ripugna e rifiuta qualunque ipotesi fondata appunto su questa pregiudiziale.
L’impasse è enorme e non se ne uscirebbe se mio padre, avvocato di un certo rilievo, non intervenisse quasi in forza della sua professionalità, offrendo a Piera lo stipendio che le pagano al pub per badare alla casa, per aiutare Marta nei lavori domestici e soprattutto nello shopping per evitarle acquisti compulsivi, per occuparsi di due poveri vecchi e di un giovinastro sbandato.
Il tono scherzoso con cui pone la questione scatena il sorriso convinto di Piera, che si rende conto di essere stata totalmente ‘adottata’, quasi come me nel Mediterraneo, e accetta la proposta di nuova condizione.
Inutile dire che la più felice è mia madre che si dà da fare per dieci, per far adattare la mia camera alla nuova funzione e prepararci un alloggio che sia esattamente quello che lei ha in testa; in breve, il nostro mondo viene rivoluzionato e mi trovo a iniziare una vita da piccolo borghese, professore in un istituto sotto casa con stipendio congruo, con una compagna meravigliosa, in una casa che è la mia, praticamente da quando sono nato.
Piera comincia a vivere con meno ansia i suoi impegni universitari, potendo concedersi il lusso di frequentare i corsi anche pomeridiani, in qualche caso, occupandosi della casa con sommo piacere, in compagnia di mia madre che considera quasi sua; i miei sono visibilmente felici di vederci sereni affrontare la vita con pochi interrogativi e molte certezze.
Il piccolo dubbio circa i rapporti tra Piera e i suoi genitori, che vivono in un paese a qualche chilometro, si dissipa, quando confessa di avere qualche remora a farceli incontrare perché persone molto modeste, operaio lui casalinga lei, semianalfabeti e lontani dalle problematiche che si affrontano in casa nostra.
Il rimprovero più caldo le viene da Marta che le rinfaccia apertamente di vergognarsi dei genitori di una ragazza meravigliosa solo perché vivono una loro dimensione modesta e resa limitata da fatti di nascita di cui non hanno nessuna responsabilità; le chiede imperiosamente di decidere se preferisce andarli a prendere al paese e portarli da noi o andare tutti a conoscerli al paese e stare insieme una giornata.
Lei decide di chiedere direttamente a loro, li esorta a non farsi problemi di nessun genere, perché andremo a pranzo fuori, per non gravare sulla madre, e che l’unica cosa che vogliamo è conoscerli e parlare con loro anche del nostro futuro; tutto si risolve con una giornata al paese di totale allegria, di affetto dilagante, di serenità e di gioia.
A rovinare la festa idilliaca della nostra convivenza ci penso io, con la complicità dei miei compagni di bagordi, una sera che decido una ‘rimpatriata’ al pub, all’insegna della libertà più sfrenata; dopo un incalcolabile numero di bevute, mi trovo inconsciamente travolto in una ‘festicciola’ assai particolare, nella casa di un personaggio fino a quel momento a me sconosciuto, con un gruppo di ragazze decisamente libertine e scanzonate.
Di queste, una, che conosceva peraltro la mia Piera, mi trascina in un bagno e mi provoca a fare l’amore; tento anche una qualche resistenza, cosciente di commettere una vigliaccata alla donna che amo e che mi aspetta fiduciosa a casa; ma Cristina è determinata e decisa ad avermi, dice che l’ha desiderato da tempo e in definitiva riesce a praticarmi una fellatio che comunque risulta decisamente apprezzabile.
La notizia fa il giro dell’ambiente e dopo due giorni, nei corridoi dell’Università, arriva alle orecchie di Piera che ne resta sconvolta; rientrata a casa, prepara una valigia con le sue cose e mi aspetta al ritorno da scuola; mi basta guardarla per rendermi conto che il mondo mi sta crollando intorno; cerco di accampare qualche giustificazione, ma è evidente che niente può calmare la sua rabbia per la stupidaggine commessa da me.
Non mi resta che sedermi a tavola con la testa tra le mani e sperare che arrivi a conclusioni meno definitive; stiamo lì a guardarci in cagnesco, senza articolare parola, finché arrivano i miei.
La tragedia in atto è chiara immediatamente e Marta, capito al volo quello che è successo, prende da parte Piera e se ne vanno in camera dei miei; non riesco a sentire quello che si dicono, ma deve essere assai convincente il discorso di mia madre perché dopo un poco tornano fuori, Piera si asciuga le lacrime ma sorride e mia madre assume verso di me l’espressione più feroce che le abbia mai visto.
“Non ti ho mai visto fare una cosa più imbecille, in vita tua; e non sei perdonabile, a nessuna condizione; la sola fortuna è che hai incontrato la ragazza più buona e più intelligente che ti potesse capitare e che lei ha deciso di amarti veramente; distruggere una vita a due così bella per un momento di stupidità non ha nessun senso e ce ne rendiamo conto sia io che Piera.
Per questa volta possiamo anche passare sopra un momento d’imbecillità; ma se dovesse succedere anche una sola volta ancora, non solo lei se ne andrà da te, ma tu te ne andrai da questa casa, perché non sopporterei un figlio cretino!”
La buriana passa senza danni e la nostra vita riprende tranquilla come sempre; Piera riesce nei quattro anni a concludere il corso di studi e si laurea con lode; i suoi genitori, per la prima volta nella vita, vengono in città per assistere alla cerimonia del successo della figlia e passiamo una giornata meravigliosa tutti e sei come un’unica famiglia.
Nei due anni trascorsi, molte cose sono cambiate e mio padre non riesce a premere per ottenere a Piera lo stesso esito che aveva avuto per me, perché i ruoli negli Istituti privati sono ormai coperti e lei deve sottoporsi alla trafila delle domande di supplenza che angustiano i precari; viene convocata nella scuola media di un paesino di montagna, distante alcune decine di chilometri, dove è disponibile la cattedra per l’intero anno scolastico.
Sarebbe criminale rinunciare a un’occasione unica, soprattutto per accumulare l’anzianità che servirà poi per chiedere sedi più opportune; ma la contropartita è che dovrà trasferirsi per tutta la durata del servizio nella sede di destinazione e non sarà certamente facile gestirsi una vita da separati.
Quasi per naturale necessità, è a Marta che si rivolge Piera per avere il consiglio giusto e mia madre non ha esitazione a dichiarare immediatamente che rinunciare sarebbe criminale, oltre che imbecille; Piera deve accettare l’incarico, trasferirsi e ottenere il sabato libero dall’insegnamento, facoltà concessa agli insegnanti, in maniera da disporre liberamente del fine settimana per tornare in città o perché io possa raggiungerla e passare insieme sabato e domenica.
Non è facile, specialmente nei mesi invernali, quando il maltempo rende assai problematico il trasferimento in auto, sia che debba essere Piera a venire in città con l’utilitaria usata che mio padre le ha regalato per l’occasione, sia che debba essere io a raggiungerla al paesello spesso sotto la neve.
Ma l’arrivo della primavera segna la rinascita per tutti ed è quasi meraviglioso, col cambio di stagione, percorrere meno di cento chilometri per andare a raggiungere tra le montagne il mio amore e stare con lei due giorni da passare nel letto a fare l’amore come fosse l’ultima occasione della vita.
Sono passati cinque anni, da quella volta; ci siamo sposati e Piera è arrivata a ottenere la titolarità nel Liceo cittadino; io mantengo inalterato il mio posto all’Istituto Parificato; Marta è riuscita, ancora una volta, a convincerci che l’arrivo del primo figlio non turba affatto gli equilibri di casa e che possiamo continuare a vivere sotto lo stesso tetto senza pestarci i calli.
Bisogna dire anche che la presenza dei nonni è garanzia di grande autonomia per noi genitori e riusciamo ancora ad andare a qualche festa, sempre insieme, mai io da solo; e sono io che lo esigo!, e ci viviamo l’esperienza entusiasmante della maternità/paternità con tutta la gioia che questo comporta; continuiamo a fare l’amore con molta verve e non silenziosamente.
I miei sono addirittura contenti quando sentono l’entusiasmo che mettiamo nei nostri rapporti trasmettersi sino alla loro camera ed anche oltre l’appartamento, segno che veramente a casa nostra l’armonia regna ancora; non a caso, anche la loro libido sembra svegliarsi e siamo noi talvolta ad ascoltare il rumore che fanno loro, mentre fanno l'amore.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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